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Il punto

Siamo arrivati al punto, inconfutabile, in cui tutte le soluzioni autonome, individuali o private a problemi ed esigenze personali o sociali del quotidiano vivere, pensiamo per esempio alla mobilità, dovranno cedere il passo a soluzioni pubbliche, comuni e condivise, soprattutto quando interferiscono con la sostenibilità. La salvezza della Terra infatti è un problema comune e non individuale o privato e tale sarà la soluzione.

Basta con questa discrasia insopportabile fra le acquisizioni scientifiche e le scelte politiche. Non siamo più ai tempi di Galileo! Una vera democrazia non può essere condizionata da fanatismi e visioni talebane.

Se istituti pubblici, finanziati dai cittadini contribuenti, come l'ISPRA, ci informano che il consumo di suolo sta raggiungendo livelli critici di insostenibilità, le istituzioni pubbliche, movimenti o comitati civici, non possono far finta di nulla proponendo e attuando scelte antitetiche: per esempio riducendo il verde pubblico per far spazio alle auto quando gli istituti ambientali e statistici ci informano al contrario che il verde è strategico nelle aree urbane per mitigare l'inquinamento e il riscaldamento globale evitando anche l'effetto dell'isola di calore. Contraddizioni insostenibili per le quali ci vorrebbe un garante pubblico. 

Se il nostro modello di sviluppo, produzione e consumo, richiede ormai le risorse di due pianeti non abbiamo bisogno dell'economista di turno che ci venga ancora a parlare di PIL per arrivare alla conclusione che questa economia non ci serve e che il costo, il vero costo, del nostro sviluppo è palesemente insostenibile.

Vivere con una migliore qualità della vita e minori consumi ambientali sicuramente ci costerà di meno, ma se l'economia, le politiche economiche del PIL e della crescita ospitate nei salotti dei talk show ce lo impediscono con la retorica e il mantra che sono solo la vendita di auto, di caldaie autonome, di carne di allevamento, di bare e via dicendo a fare PIL mentre diversamente otterremmo solo decrescita infelice vuol dire che l'economia non è al servizio dell'uomo, del suo vero benessere, ma di interessi di pochi o dei tanti che si illudono di vivere in un altro pianeta o di averne un altro a disposizione. Vuol dire semplicemente non che sia impossibile ma che scelte diverse non si le si vogliono fare. 

In un'economia non orientata allo sviluppo sostenibile il lavoro che ne è alla base, sia esso materiale nella trasformazione delle risorse naturali in beni di consumo, come anche quello intellettuale funzionale e asservito, non hanno per destinatari la qualità e la salute della vita umana ...ma il pianeta Venere!

 

È vero, sarà la quindicenne Greta Thunberg a cambiare il mondo, lei la vera rivoluzionaria, non i gilet gialli.

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